pagamenti 12.01.2019

Pagamento delle retribuzioni di Dicembre 2018 entro il 12 gennaio 2019 (prorogata al primo giorno utile 14.01.2019) e relativa applicazione del cd. principio di cassa allargato – operazioni di conguaglio fiscale

I redditi da lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 51 TUIR comma 1, si intendono percepiti nel periodo d’imposta (anno 2018) quando riconosciuti effettivamente entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo (per l’anno 2019, la scadenza è posticipata al primo giorno non festivo, quindi il 14 gennaio 2019) secondo il cd. principio di cassa allargato. Il medesimo principio viene applicato anche ai compensi erogati agli amministratori con rapporto di collaborazione in quanto valori assimilati ai redditi da lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 comma 1 lett. c. bis TUIR.
Secondo il suddetto principio le implicazioni del rispetto di quanto disposto dall’art. 51 comma 1 del TUIR sono:
– comprendere i valori relativi a retribuzioni, somme, compensi erogati per il mese di dicembre 2018 quando erogati entro il 12 gennaio nella Certificazione Unica (CU) 2019 – Redditi 2018 e l’applicazione delle relative ritenute e detrazioni fiscali;
– la deduzione dal conto economico della società dei costi relativi alle retribuzioni, somme, compensi erogati per il mese di dicembre 2018 quando erogati entro il 12 gennaio.
compenso degli Amministratori
Ai fini della deducibilità di quanto sopra menzionato devono rispettarsi:
– Il principio di cassa: devono essere corrisposti i compensi agli Amministratori con rapporto di collaborazione entro il 12 gennaio.
– Il compenso deve risultare dalla delibera dei soci i quali corrisponderanno una retribuzione proporzionata ed adeguata.

Conguaglio di fine anno
Come ogni anno, la busta paga di dicembre coincide con il conguaglio fiscale ovvero il conguaglio irpef di fine anno. Tale operazione serve a stabilire in via definitiva l’ammontare dell’irpef che il dipendente deve versare all’Erario sui compensi erogati nel corso dell’anno da parte del datore di lavoro.
Se dalle operazioni di conguaglio emerge che l’irpef trattenuta nel corso dell’anno al dipendente è superiore rispetto a quanto effettivamente dovuto nel periodo d’imposta (sulla base del reddito complessivo e definitivo), si parla di “conguaglio a credito”, pertanto al dipendente spetta una somma in busta paga (sempre di dicembre) pari all’importo delle imposte trattenute in più.
Se invece dal conguaglio emerge che l’irpef pagata dal dipendente nel corso dell’anno è inferiore a quella effettivamente dovuta si tratta di un “conguaglio a debito”, pertanto al dipendente verrà trattenuta in busta paga una somma pari all’irpef non versato.

Bonus Renzi
La busta paga di dicembre è l’occasione per stabilire definitivamente quanto del bonus 80 €uro spetta al lavoratore per l’intero anno che volge a conclusione. Sulla falsa riga di ciò che accade per l’irpef, con il cedolino di dicembre 2018 si andrà a stabilire qual è l’ammontare effettivo del bonus Renzi (detto anche “credito fiscale D.L. n. 66/2014”) e confrontarlo con quanto anticipato nel corso dell’anno.
Il conguaglio del bonus serve soprattutto in quelle situazioni in cui il calcolo non è del tutto chiaro dall’inizio dell’anno (redditi bassi es. part-time) oppure quando il lavoratore viene assunto in corso d’anno, o quando ci sono più rapporti di lavoro.
Precisiamo che esistono tre livelli di reddito aggiornati al 2018 cui corrispondono altrettanti importi del bonus:
– se il reddito complessivo 2018 è pari o inferiore a 24.600 euro spetta il bonus pieno pari a 960 annui;
– reddito complessivo 2018 superiore ad euro 24.600 ma pari o inferiore ad euro 26.600: credito di 960 euro dovrà essere diminuito con la seguente formula [960 * (26.600 – reddito complessivo) / 2000];
– se il reddito 2018 è superiore a 26.600 euro il bonus non spetta.
Si invita, pertanto, a corrispondere le retribuzioni di dicembre 2018 da lavoro dipendente ed i compensi agli amministratori entro il 14 gennaio 2019.

e-fattura ai consumers: quando va rilasciata la copia analogica

e-fattura ai consumers: quando va rilasciata la copia analogica

In caso di trasmissione tardiva della fattura elettronica al Sistema di interscambio, non sarà possibile rilasciare al consumatore finale la copia analogica del documento: sarà prima necessario trasmettere al SdI il documento digitale e solo in quel momento, o successivamente, si potrà consegnare la copia al cliente consumatore finale. Il problema – che si pone in primis per i commercianti al minuto ma riguarda, in generale, tutti gli operatori IVA – assumerà ancora maggiore rilevanza a decorrere dal 1° luglio 2019, allorquando la fattura potrà essere emessa entro i 10 giorni successivi rispetto al momento di effettuazione dell’operazione. Quali sono le possibili soluzioni prospettate dall’Agenzia delle Entrate?
L’Agenzia delle Entrate ha confermato che – in caso di trasmissione tardiva al Sistema di interscambio della fattura – il contribuente non potrà rilasciare al consumatore finale un’esemplare della fattura analogica indicando che si tratta della copia della fattura trasmessa.
Si dovrà prima procedere alla trasmissione al Sistema del documento avente formato digitale e – contemporaneamente o successivamente – si potrà consegnare la copia al cliente consumatore finale. Il cliente potrebbe rinunciare ad acquisire la copia “estraendo” direttamente il documento in formato elettronico da un’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate.
Leggi anche La copia cartacea della e-fattura omessa non è una fattura
Il problema si pone per gli esercenti le attività di commercio al minuto in locali aperti al pubblico, ma riguarda in generale tutti gli operatori, e anche gli esercenti arti e professioni, che effettuano le cessioni e le prestazioni nei confronti di consumatori finali. Il problema si manifesterà soprattutto con decorrenza dal 1° luglio 2019, allorquando la fattura potrà essere emessa entro i 10 giorni successivi rispetto al momento di effettuazione dell’operazione determinato ai sensi dell’art. 6 del decreto IVA. In tal caso, come anticipato, il cedente o prestatore dovrà prima effettuare la trasmissione della fattura digitale al Sistema di Interscambio e solo successivamente potrà consegnare una copia analogica che dovrebbe coincidere esattamente con il documento elettronico.
Commercio al minuto: il rilascio della copia analogica
Il problema è stato preso in esame dall’Agenzia delle Entrate in una delle FAQ pubblicate sul proprio sito internet. La domanda riguardava il caso di un esercente un’attività di commercio al dettaglio che ha ricevuto la richiesta di rilascio della fattura da un “utente” finale. Il contribuente si pone il problema del documento da rilasciare al soggetto acquirente quando “uscirà” dal negozio considerando che, a seguito del periodo di moratoria delle sanzioni per i primi sei o nove mesi del nuovo anno, la fattura potrebbe essere trasmessa al Sistema di Interscambio successivamente rispetto al momento di effettuazione dell’operazione.
L’Agenzia delle Entrate fornisce due diverse soluzioni.
La prima consiste nell’emissione della fattura differita che rappresenta un’opportunità per ogni soggetto passivo ai fini IVA. Il commerciante potrà emettere ricevuta fiscale o scontrino fiscale come documenti idonei, equipollenti al DDT, in grado di consentire l’emissione della predetta fattura differita prevista dall’art. 21, comma 4, D.P.R. n. 633/1972, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.
In alternativa, in caso di fattura immediata, al fine di evitare l’irrogazione della sanzione, il contribuente dovrà trasmettere la fattura digitale al Sistema di Interscambio entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica. I contribuenti che liquidano l’IVA con periodicità mensile dovranno trasmettere le fatture relative al mese di gennaio entro il 16 febbraio. I contribuenti che liquidano l’IVA con periodicità trimestrale dovranno effettuare la medesima operazione, per le operazioni poste in essere nel primo trimestre del nuovo anno, entro il 16 maggio 2019. In questo caso, però, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, non sarà possibile rilasciare immediatamente al cliente consumatore finale la copia della fattura in formato analogico.
All’atto dell’effettuazione dell’operazione potrà essere rilasciata al cliente apposita quietanza che però assume rilevanza solo commerciale e non fiscale. In alternativa si potrà rilasciare una stampa della fattura, che però, anche in questo caso, non assume alcun valore fiscale, ovvero della ricevuta del POS, in caso di pagamento elettronico.
L’obbligo di mettere a disposizione del cliente consumatore finale una copia analogica o elettronica della fattura deve essere adempiuto al momento di trasmissione del documento digitale al Sistema di Interscambio.
Non è dunque possibile, se l’operazione di trasmissione viene effettuata successivamente al momento di effettuazione dell’operazione, rilasciare in anticipo la copia. L’Agenzia delle entrate ha precisato che “ai fini del controllo documentale di cui all’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 andrà fatto riferimento ai contenuti della copia analogica della fattura elettronica rilasciata al consumatore finale. In caso di discordanza nei contenuti fra fattura elettronica e copia cartacea della stessa, salvo prova contraria, sono validi quelli della fattura digitale”.
Esercenti arti e professioni
Il problema esaminato si pone anche per gli esercenti arti e professioni che pongono in essere le prestazioni professionali nei confronti di consumatori finali.
Si consideri ad esempio la prestazione professionale resa da un notaio riguardante la stipula di un contratto di mutuo. Se a conclusione della prestazione professionale il cliente persona fisica effettuasse contestualmente il pagamento della prestazione, si dovrà procedere all’emissione della relativa fattura.
A parte l’ipotesi della moratoria delle sanzioni, dal 1° luglio 2019 la fattura potrà essere emessa e trasmessa al Sistema di Interscambio entro i dieci giorni successivi a quello di effettuazione dell’operazione. Ad esempio, se il pagamento fosse effettuato il 10 luglio 2019, la trasmissione del documento al SdI potrà essere effettuata tempestivamente il 20 luglio 2019.
In questo caso, però, il professionista non potrà rilasciare al cliente consumatore finale, prima dell’effettiva trasmissione della e-fattura al Sistema, la copia analogica o elettronica del documento con l’indicazione che si tratta della copia trasmessa. In buona sostanza la consegna del documento al cliente del documento non potrà essere effettuata in anticipo.
Nelle more della trasmissione al Sistema della fattura digitale il professionista non sarà obbligato a rilasciare al cliente alcuna documentazione.
Il cliente sarà comunque in grado di dimostrare l’avvenuto pagamento conservando una copia del bonifico bancario, ovvero una copia dell’assegno tratto in favore del professionista.
Il notaio potrà, facoltativamente, rilasciare una dichiarazione attestante che una copia della fattura analogica o elettronica sarà consegnata, nei termini di legge, successivamente all’invio del documento digitale al Sistema di Interscambio.

Premio di risultato: per la tassazione agevolata necessario l’incremento di produttività

Il premio di risultato corrisposto unicamente sulla base del raggiungimento di determinati obiettivi aziendali e non connesso con l’incremento del livello di produttività non può beneficiare dell’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef, e delle relative addizionali, pari al 10 per cento. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 143 datata 28 dicembre 2018. La circostanza che il premio sia, poi, differenziato per i dipendenti sulla base di criteri di valorizzazione della performance individuale, non si pone in contrasto con la condizione richiesta dalla legge per l’applicazione dell’imposta sostitutiva.
Con la risposta a interpello n. 143 datata 28 dicembre 2018 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, in caso di riconoscimento di retribuzioni premiali ai dipendenti, i premi di risultato possono beneficiare della tassazione agevolata prevista dalla Legge di stabilità 2016 (applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, pari al 10 per cento) unicamente nel caso in cui la loro corresponsione sia connessa a incrementi di redditività, produttività, qualità, efficienza e innovazione.
Nell’ipotesi in cui la loro corresponsione sia invece unicamente connessa con il raggiungimento di determinati obiettivi:
– di produttività (misurato tramite l’indice di utilizzo degli impianti);
– di efficienza (misurato tramite l’indice di efficienza);
non pertanto con l’incremento del livello di produttività, il premio di risultato non può beneficiare dell’applicazione dell’imposta sostitutiva in questione.
Detto in altri termini non può essere applicata alcuna imposta sostitutiva dell’Irpef sul premio di risultato corrisposto qualora il medesimo dipenda unicamente dal grado di raggiungimento di determinati risultati non consistenti nell’incremento del livello di produttività.
Condizione necessaria per l’applicazione dell’imposta con aliquota pari al 10 per cento è che il risultato conseguito dall’azienda risulti incrementale rispetto al risultato antecedente all’inizio del periodo di maturazione del premio.
Il requisito dell’incrementalità, come detto, costituisce una caratteristica essenziale dell’agevolazione, così come prevista dalla legge di Stabilità 2016.
La circostanza che il premio sia, poi, differenziato per i dipendenti sulla base di criteri di valorizzazione della performance individuale, non si pone in contrasto con la condizione richiesta dalla legge per l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

Deposito IVA: quando scatta l’obbligo di fattura elettronica

L’estrazione dei beni dal deposito IVA in esecuzione di una cessione interna o dell’utilizzo dei beni in Italia dà luogo al pagamento dell’IVA o con versamento diretto o con la procedura di reverse charge. In entrambi i casi, tenuto conto dell’obbligo – che decorre dal 1° gennaio 2019 – di emissione della fattura elettronica per i soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, è necessario verificare se l’estrazione debba essere gestita con una fattura o autofattura cartacea o elettronica.
Nella disciplina in vigore sino al 31 marzo 2017, l’estrazione dei beni per l’utilizzo o la commercializzazione dei medesimi all’interno dello Stato dava luogo all’applicazione dell’IVA mediante il meccanismo del reverse charge.
Il D.L. n. 193/2016, nel modificare le regole collegate all’estrazione dei beni dal deposito IVA, ha stabilito che, dal 1° aprile 2017, si applica tale sistema esclusivamente per i beni di provenienza intracomunitaria o extracomunitaria, in quest’ultimo caso introdotti nel deposito ai sensi dell’art. 50-bis, comma 4, lettera b), D.L. n. 331/1993, cioè con la procedura di immissione in libera pratica senza pagamento dell’IVA subordinatamente alla prestazione di un’apposita garanzia, ove dovuta.
Leggi anche Deposito IVA: come opera l’esonero dalla garanzia per l’estrazione dei beni
Qualora, invece, l’estrazione abbia per oggetto beni in precedenza introdotti nel deposito in esecuzione di una cessione interna, l’IVA è dovuta con versamento diretto mediante F24 da parte del gestore del deposito, in nome e per conto del soggetto estrattore. L’operazione è documentata dall’autofattura emessa da quest’ultimo soggetto, annotata nel solo registro degli acquisti, unitamente ai dati della ricevuta di versamento dell’imposta, ai fini dell’esercizio della detrazione.
Compensazione esclusa
In ordine al divieto di compensazione, visto il riferimento all’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, che disciplina il versamento unitario di imposte, contributi e altre somme anche mediante la compensazione con altri crediti d’imposta e contributivi, la risoluzione n. 55/E/2017 ha chiarito che deve intendersi esclusa la compensazione non solo “orizzontale”, ma anche “verticale”. Non è possibile, in particolare, versare l’imposta dovuta in sede di estrazione attraverso il meccanismo dello scomputo “imposta da imposta”, nell’ambito cioè della liquidazione periodica IVA, anche perché il gestore del deposito è solidalmente responsabile del versamento stesso.
Quali sanzioni?
Fermo restando che per il mancato versamento dell’imposta dovuta in sede di estrazione si applica la sanzione del 30% di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, al cui pagamento è tenuto solidalmente anche il gestore del deposito, si pone il problema di stabilire quale sia la sanzione applicabile nel caso in cui l’imposta sia stata erroneamente assolta dal soggetto estrattore con il meccanismo del reverse charge anziché con il versamento diretto da parte del depositario, in suo nome e per suo conto.
Alla luce dei chiarimenti forniti dalla risoluzione n. 55/E/2017, secondo cui la modalità di applicazione dell’imposta in sede di estrazione dal deposito IVA è collegata alla tipologia di operazione con la quale i beni sono stati introdotti in deposito (acquisto intracomunitario e importazione da un parte, acquisto interno dall’altra) anche se gli stessi hanno formato oggetto di ulteriori cessioni durante il periodo di custodia in deposito, è possibile assumere che l’applicazione del reverse charge in luogo del versamento diretto non possa beneficiare della sanzione fissa di cui all’art. 6, comma 9-bis.2, del D.Lgs. n. 471/1997 (da 250 a 10.000 euro).
Estrazione da parte dei soggetti passivi IVA
Anche dopo le modifiche operate dal D.L. n. 193/2016, l’art. 50-bis, comma 6, el D.L. n. 331/1993 prevede che l’estrazione dei beni da un deposito IVA ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’IVA e comporta il pagamento dell’imposta.
Tale disposizione, secondo l’interpretazione fornita dalla circolare n. 12/E/2015, implica che:
– possono procedere all’estrazione dei beni dal deposito solo i soggetti passivi d’imposta, identificati in Italia, direttamente o tramite rappresentante fiscale o i soggetti stabiliti in Italia per il tramite di una stabile organizzazione;
– l’operazione comporta l’assolvimento dell’imposta da parte del soggetto proprietario dei beni che procede in proprio o tramite terzi all’estrazione.
In sostanza, se i beni sono estratti in esecuzione di una cessione interna o, comunque, ai fini del loro utilizzo nel territorio dello Stato, l’obbligo di assolvimento dell’imposta con il sistema del reverse charge con il modello F24 implica che il soggetto estrattore debba essere quanto meno identificato ai fini IVA nel territorio dello Stato, non già però nella forma “leggera” prevista dall’art. 50-bis, comma 7, D.L. n. 331/1993.
Modalità di fatturazione per i beni estratti dal deposito IVA
L’art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 127/2015, come riformulato dal decreto fiscale 2019 (art. 15, D.L. n. 119/2018) al fine di rispettare la decisione di autorizzazione del Consiglio europeo, prevede – dal 1° gennaio 2019 – l’obbligo di emissione della fattura elettronica per i soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con la conseguenza che i soggetti esteri (comunitari e non), identificati in Italia, non sono tenuti ad emettere le fatture elettroniche e, peraltro, sono esclusi anche dalla comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni transfrontaliere di cui all’art. 1, comma 3-bis, D.Lgs. n. 127/2015.
Ai fini dell’estrazione dei beni dal deposito IVA occorre, pertanto, distinguere a seconda che il soggetto estrattore sia stabilito in Italia o ivi soltanto identificato, direttamente o mediante rappresentante fiscale, anche “leggero”.
Soggetto estrattore estero identificato in Italia
In quest’ultimo caso (soggetto estrattore estero, ma identificato in Italia), l’estrazione – a prescindere dalla tipologia di operazione che ha dato luogo all’introduzione dei beni in deposito – resterà documentata, anche dal 2019, con fattura o autofattura cartacea, non essendo obbligatorio il formato elettronico.
Soggetto estrattore stabilito in Italia
Nella diversa ipotesi in cui il soggetto estrattore fosse stabilito, anche mediante stabile organizzazione, in Italia, l’estrazione – ancora una volta a prescindere dalla tipologia di operazione che ha dato luogo all’introduzione dei beni in deposito – sarà gestita in modalità elettronica se anche la controparte dell’operazione è stabilita in Italia.
In tale evenienza, assumendo che l’estrazione sia effettuata dal cedente italiano, l’emissione dell’autofattura (dal 2019 in formato elettronico) è prevista quando l’estrazione ha per oggetto beni precedentemente introdotti in deposito a seguito:
– di una cessione interna, nel qual caso, però, l’imposta è versata dal gestore del deposito in nome e per conto del soggetto estrattore; ovvero
– di una immissione in libera pratica o di un acquisto intracomunitario.